Le Comunità Energetiche
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) in Italia sono più di 100 e sono utili per generare benefici economici, sociali e ambientali. Ecco come funzionano nel dettaglio.
Nel gennaio 2024, il ministero dell’Ambiente ha pubblicato un decreto che autorizza ufficialmente gli incentivi per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), ossia i soggetti giuridici costituiti da famiglie, condomini, Pmi e Comuni che vogliono autoprodurre energia rinnovabile.
Questa iniziativa si inserisce nell’ambito di una strategia più ampia di transizione energetica per il nostro Paese, orientata a ridurre le emissioni di gas serra e a promuovere l’indipendenza energetica.
Gli incentivi per le CER verranno gestiti direttamente dal GSE, che ha pubblicato una guida completa con le informazioni da conoscere, in trenta punti.
Cos’è una Comunità Energetica Rinnovabile (CER)?
Una Comunità Energetica Rinnovabile (CER) è una forma di associazione che permette a cittadini, imprese, enti locali e altre organizzazioni di unirsi per produrre, accumulare e condividere energia proveniente da fonti rinnovabili all’interno di uno specifico perimetro geografico.
Questo modello si basa sulla collaborazione e sulla condivisione di risorse energetiche sostenibili, con l’obiettivo di promuovere l’autoconsumo e l’indipendenza energetica dei suoi membri, riducendo al contempo l’impatto ambientale e incentivando lo sviluppo di tecnologie pulite.
Quali sono gli obiettivi di una CER?
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) nascono per rivoluzionare il modo in cui energia viene prodotta, distribuita e consumata, orientandosi verso un modello più sostenibile, democratico e partecipativo. Gli obiettivi, quindi, sono diversi:
- Promuovere l’autoconsumo di energia rinnovabile, incoraggiando i membri di una comunità a produrre e consumare direttamente l’energia rinnovabile generata, riducendo di conseguenza la dipendenza da fonti energetiche fossili;
- Ridurre le emissioni di gas serra, grazie all’utilizzo di fonti energetiche pulite e rinnovabili;
- Incrementare l’indipendenza energetica, controllando meglio fattori tipicamente incontrollabili come le fluttuazioni dei prezzi dell’energia e le interruzioni dell’approvvigionamento;
- Favorire lo sviluppo economico e sociale del territorio, attraverso investimenti in tecnologie rinnovabili, creazione di nuovi posti di lavoro e consolidamento della comunità.
Come si costituisce una Comunità Energetica Rinnovabile?
Per dare vita a una Comunità Energetica Rinnovabile (CER) ci sono alcuni passaggi da seguire. Il primo step consiste nell’identificare un gruppo di soggetti interessati, che possono essere cittadini, imprese, enti locali o altre organizzazioni, uniti dall’obiettivo di produrre e condividere energia da fonti rinnovabili. Questi soggetti devono poi definire il perimetro geografico all’interno del quale l’energia sarà prodotta e condivisa, tenendo conto delle potenzialità produttive del territorio e della vicinanza fisica tra i membri.
Successivamente, si dovrà procedere con la formalizzazione legale della CER, scegliendo la forma giuridica più adatta tra quelle previste dalla legge, come associazioni, cooperative o consorzi. Questo passaggio implica la redazione di un atto costitutivo e di uno statuto che delineino chiaramente gli obiettivi, le modalità di gestione e le regole di partecipazione alla comunità, garantendo trasparenza ed equità tra i membri.
Una volta costituita legalmente, la CER deve pianificare e realizzare gli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili, come solare, eolico o biomasse, che saranno la base per la produzione di energia pulita da condividere tra i membri.
Infine, la CER deve stabilire un sistema di gestione e monitoraggio dell’energia prodotta e condivisa, che includa soluzioni per l’accumulo, la distribuzione e l’eventuale vendita dell’energia in eccesso. Il tutto al fine di massimizzare l’investimento della comunità.
Chi può costituire una CER? I soggetti coinvolti
Una CER può essere creata da diversi tipi di soggetti, che possono coesistere all’interno di uno stesso progetto.
Si parla di:
Cittadini, ovvero singoli individui o famiglie interessate a produrre, consumare e condividere energia rinnovabile per ridurre i costi energetici e l’impatto ambientale
- Piccole e medie imprese (PMI)
- Comuni, province e altre entità territoriali
- Istituzioni educative e di ricerca come scuole, università e centri di ricerca
- Organizzazioni del terzo settore, come cooperative, associazioni, fondazioni e altre organizzazioni non profit
- Enti religiosi e di protezione ambientale
- Agricoltori e produttori agricoli.
Le grandi imprese, invece, non possono aderire ad una CER, ma possono far parte di un gruppo di autoconsumatori rinnovabili.
Comunità Energetiche Rinnovabili e incentivi statali: a quanto ammontano?
Secondo quanto specificato dal GSE stesso, il sistema di incentivi per la CER agisce lungo diverse direttrici.
In primo luogo, si applica una tariffa di incentivazione per l’energia generata da impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili (FER) e consumata all’interno della stessa comunità. Questa tariffa, gestita dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), varia da 60 a 120 euro per ogni megawattora (MWh), a seconda della capacità dell’impianto e delle fluttuazioni del valore di mercato dell’energia.
Gli impianti fotovoltaici beneficiano di un incremento aggiuntivo fino a 10 euro per MWh, basato sulla loro ubicazione geografica, per un periodo di vent’anni a partire dall’attivazione dell’impianto.
In aggiunta, esiste un corrispettivo specifico per l’energia autoconsumata, stabilito dall’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA), che si aggira intorno agli 8 euro per MWh. Questo meccanismo assicura che l’energia rinnovabile prodotta ma non immediatamente consumata dalla comunità possa essere comunque valorizzata sul mercato, attraverso modalità di compensazione gestite dal GSE.
Un’ulteriore opportunità di sostegno è rappresentata da un contributo in conto capitale, riservato esclusivamente alle CER situate in comuni con meno di 5.000 abitanti. Questo contributo copre il 40% delle spese sostenute per l’installazione di impianti FER, entro certi limiti di spesa e in base alla dimensione dell’impianto, con un massimo di 1.500 euro per kW per impianti fino a 20 kW, riducendosi progressivamente per impianti di maggiore dimensione, fino a 1.050 euro per kW per impianti fino a 1.000 kW.
Attenzione però: l’IVA non è inclusa tra le spese ammissibili, a meno che non sia non recuperabile secondo le normative attuali sull’imposta.
Read MoreTutto sul Superbonus 110%
CHE COS’E’?
Il Superbonus è un’agevolazione prevista dal Decreto Rilancio che eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici o delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.
Le nuove misure si aggiungono alle detrazioni previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, compresi quelli per la riduzione del rischio sismico (c.d. Sismabonus) e di riqualificazione energetica degli edifici (cd. Ecobonus).
Tra le novità introdotte, è prevista la possibilità, al posto della fruizione diretta della detrazione, di optare per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi o, in alternativa, per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante. In questo caso si dovrà inviare dal 15 ottobre 2020 una comunicazione per esercitare l’opzione. Il modello da compilare e inviare online è quello approvato con il provvedimento dell’8 agosto 2020.
A CHI INTERESSA?
Il Superbonus si applica agli interventi effettuati da:
- condomìni
- persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, che possiedono o detengono l’immobile oggetto dell’intervento
- Istituti autonomi case popolari (IACP) o altri istituti che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing”
- cooperative di abitazione a proprietà indivisa
- Onlus e associazioni di volontariato
- associazioni e società sportive dilettantistiche, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi.
I soggetti Ires rientrano tra i beneficiari nella sola ipotesi di partecipazione alle spese per interventi trainanti effettuati sulle parti comuni in edifici condominiali.
Interventi principali o trainanti
Il Superbonus spetta in caso di:
- interventi di isolamento termico sugli involucri
- sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni
- sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti
- interventi antisismici: la detrazione già prevista dal Sismabonus è elevata al 110% per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021.
Interventi aggiuntivi
Oltre agli interventi trainanti sopra elencati, rientrano nel Superbonus anche le spese per interventi eseguiti insieme ad almeno uno degli interventi principali di isolamento termico, di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale o di riduzione del rischio sismico. Si tratta di
- interventi di efficientamento energetico
- installazione di impianti solari fotovoltaici
- infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici
ELENCO DEI DOCUMENTI:
Read MoreRack con moduli bifacciali presso il JRC di Ispra (VA)
Continua la nostra collaborazione con il centro di ricerca JRC di Ispra (VA), sempre nel reparto ESTI specializzato nella ricerca su impianti e materiali per applicazioni solari.
Il progetto di quest’anno è stata la realizzazione di due nuovi rack sperimentali, uno con inclinazione 30° e il secondo con un’inclinazione di 90°, su cui sono stati successivamente installati due impianti fotovoltaici realizzati con moduli bifacciali, ciascuno con una potenza di 3kWp .
Ogni impianto è stato successivamente connesso a un inverter di produzione SMA tipo Sunnyboy SB-2500IT montato all’interno di un apposito contenitore stagno IP65 completo di tutti gli accessori di comando, protezione e monitoraggio.
Questo tipo di installazione ha lo scopo di analizzare le differenze in termini di prestazioni e durata dei moduli bifacciali a seconda del grado di inclinazione rispetto al sole.
Un modulo fotovoltaico bifacciale è per definizione un pannello con celle montate su entrambi i lati al fine di aumentarne le prestazioni e sfruttare entrambe le superfici del pannello stesso, ciò permette, teoricamente, di produrre il 25% di elettricità in più rispetto a un pannello convenzionale.
L’installazione è stata effettuata nella primavera del 2019 e ci ha impegnato per circa una settimana.
Read MoreFotovoltaico residenziale con scambio sul posto, come scegliere la taglia giusta
Molti si chiedono come vada dimensionato un impianto fotovoltaico residenziale (dai 2 kWp fino ai 6 kW, ad esempio), senza accumulo, ma utilizzando solo lo scambio sul posto, per avere dei tempi di ritorno dell’investimento interessanti.
Abbiamo scritto più volte che la taglia dell’impianto va sempre cucita sui consumi dell’utenza che vanno attentamente valutati nell’arco dell’ultimo anno. Sarebbe necessario analizzare le ultime sei bollette bimestrali, anche considerando i consumi nelle diverse fasce (F1, F2-3).
Le regole per ridurre la nostra bolletta elettrica con un impianto FV sono sempre le stesse: massimizzare l’autoconsumo (consumo puntuale rispetto alla produzione solare) e, utilizzando lo scambio sul posto (Ssp), fare in modo che nell’arco dell’anno elettricità prelevata e immessa in rete siano molto simili.
Un esempio di corretto dimensionamento
Per rendere chiaro questo aspetto presentiamo un esempio molto semplificato per una un’abitazione nel Lazio che ha consumi annuali stimabili in circa 3.300 kWh, per un costo in bolletta di circa 792 €/anno
Per questa utenza sarebbe opportuno realizzare un impianto FV con una potenza di 2,7 kWp, che potrà garantire in un anno in questa area del paese circa 3.500 kWh (ad esempio installando 9 moduli da 300 Wp, con una occupazione di 20-23 mq).
Ipotizziamo che il costo di questo impianto installato sia di 5.500 € iva inclusa (non considerati eventuali finanziamenti) e che l’autoconsumo degli abitanti della famiglia possa essere portato, anche con alcuni accorgimenti (uso di alcuni elettrodomestici quando l’impianto solare produce) intorno al 35%.
Ciò significa che nell’intero anno (con punte massime a luglio e agosto, e minime a dicembre-gennaio) su tutta la produzione solare annuale dell’impianto FV, circa 1.225 kWh verranno autoconsumati.
Per procedere a un calcolo economico (ripetiamo, semplificato) iniziamo a considerare che questi kWh autoconsumati non saranno pagati sulla bolletta (costo del kWh stimato in 24 cent€ incluso tasse e Iva), quindi avremo un primo risparmio di:
1.225 x 0,24 € = 294 € (risparmio in bolletta per autoconsumo)
Dobbiamo poi procedere con il contributo dello Ssp.
Secondo la formula, particolarmente complessa indicata dal Gse (vedi esempio), dobbiamo stimare l’energia prelevata e quella immessa.
Energia prelevata: 2.075 kWh (cioè 3300-1225)
Energia immessa: 2.275 kWh (cioè 3500-1225)
Vediamo allora come viene calcolato il valore dello scambio sul posto, considerando che questa convenzione annuale (rinnovabile tacitamente) è un meccanismo attraverso il quale viene valorizzata tutta l’energia immessa dall’utente nella rete elettrica, cioè una sorta di compensazione/rimborso parziale delle bollette pagate.
L’energia prelevata è valutata qui solo con il Prezzo Unico Nazionale, che sappiamo oscillare tra 50 e 60 €/MWh, quindi tra 5 e 6 centesimi. Qui consideriamo un valore di 5,3 cent€.
L’energia immessa è pagata secondo il prezzo dell’energia della zona di riferimento (in Italia ci sono 6 zone) e in base agli orari di immissione. Siamo nel Lazio, quindi la zona è quella del Centro-Sud. Ipotizziamo un valore medio di 5,2 cent€.
Per il calcolo del contributo in conto scambio dovremo prendere il valore minimo tra l’energia prelevata e quella immessa:
2.075 x 0,053 = 110 € (valore energia prelevata)
2.275 x 0,052 = 118 € (valore energia immessa).
Quindi utilizzeremo il primo valore, 110 €. Se il valore dell’energia immessa in rete è maggiore del valore dell’energia prelevata dalla rete si hanno le eccedenze, cioè un credito annuale esigibile nei confronti del Gse, che in questo caso è di appena 8 euro).
Ora vediamo qual è il valore al quale il GSE rimborsa l’energia che si cede; si tratta di un rientro dei costi fissi pagati in bolletta.
Questo corrispettivo è stabilito dalla Autorità per l’Energia (tabelle pubblicate nel 2018). Per consumi annuali sopra i 1800 kWh è, al momento, fissato in 7,9 cent€. Pertanto, si prenderà il valore minimo tra prelievi ed immissioni (quindi 2.075 kWh) e lo si moltiplicherà per questo corrispettivo:
2.075 x 0,079 = 164 €
Il contributo dello scambio sul posto sarà quindi dato da:
110 + 164 = 274 € (8 € di eccedenze non contabilizzate)
(a questa importo per impianti sopra i 3 kWp vanno pagate al GSE per la gestione dello Ssp 30 €+Iva, ma non è questo il caso).
Per valutare la convenienza economica dell’installazione di questo impianto residenziale il beneficio del contributo dello Ssp si aggiungerà al risparmio in bolletta per l’elettricità autoconsumata, quindi avremo:
294 + 282 = 576 €/anno (beneficio totale)
Consideriamo che il risparmio sulla bolletta elettrica annuale rispetto a prima della realizzazione dell’impianto FV è del 72%.
Grazie a questo benefico complessivo i tempi di ritorno di un impianto di 2,7 kWp, costato chiavi in mano 5.500 €, sarà di circa 9,6 anni.
Grazie alla detrazione fiscale del 50% in 10 annualità (importo annuale detraibile: 275 €), valida almeno fino 31 dicembre 2019, i tempi di rientro dall’investimento iniziale diventano di 6,5 anni.
Un impianto un po’ sovradimensionato
Poiché sappiamo che troppo spesso vengono proposti impianti FV residenziali sovradimensionati rispetto ai consumi elettrici dell’utenza (oltre che a costi troppo elevati rispetto a quelli di mercato, vedi QualEnergia.it), ci sembra utile fare un ulteriore sforzo per dimostrare la minore convenienza economica, sebbene non significativa, nell’installazione di un impianto con potenza fotovoltaica superiore al fabbisogno.
Ovviamente, questo ragionamento sarà valido se non avremo bisogno a breve di più elettricità. Se intendiamo, ad esempio entro pochissimi anni, installare delle pompe di calore per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti e per l’acqua calda sanitaria e/o acquistare un auto elettrica, potrebbe valer la pena pensare subito ad impianto di taglia maggiore.
Consideriamo ora che non sia questo il caso e immaginiamo di applicare questo esempio alla stessa residenza con uguali consumi e un livello di autoconsumo minore in termini percentuali (30%) ma superiore in termini assoluti.
Vediamo così in sintesi i dati relativi ad un impianto più grande, pari cioè a 4,5 kWp, proposto anche per via dell’ampio spazio disponibile sul tetto (almeno 32-35 mq).
- Costo impianto FV 4,5 kWp chiavi in mano: 8.000 € (iva inclusa)
- Produzione annuale: 5.800 kWh
- Consumo annuale: 3.300 kWh
- Autoconsumo (30%): 1740 kWh
- Energia prelevata: 1.560 kWh
- Energia immessa: 4.060 kWh
Utilizzando la stessa procedura vista precedentemente vedremo che:
Risparmio in bolletta per autoconsumo: 418 € (1740 x 0,24 €)
Contributo scambio sul posto: 206 € (a cui vanno tolti 30 € per servizio Gse) = 176 €
In questo caso abbiamo eccedenze per 128 euro. Queste eccedenze, che si hanno quando l’impianto fotovoltaico immette più energia di quanta ne preleva su base annuale, possono essere liquidate tramite richiesta di pagamento che va inoltrata al GSE entro il 31 gennaio dell’anno successivo. Ai fini fiscali la liquidazione va considerata come fosse una vendita e perciò come reddito aggiuntivo. Qui non consideriamo le eccedenze, pertanto:
Beneficio totale annuo: 594 € (418+176)
Considerando i costi chiave in mano di questo impianto FV, a parità di consumi, il tempo di rientro dell’impianto sarà di 13,4 anni. Con la detrazione fiscale del 50% diventerà di 8 anni (ricordiamo che non sono contabilizzate le eccedenze).
Quindi, un periodo di pay back time superiore al primo esempio di impianto, quello dimensionato in base ai consumi reali dell’utenza
Read MoreElettricità sempre più verde. Rinnovabili vicine al sorpasso
Eolico, solare e le altre fonti pulite in giugno erano al 48% della produzione (il 55% a Ferragosto). I consumi aumentano per la crescita della temperatura: il tempo più caldo è una condizione meteo o indica una tendenza al cambiamento climatico?
Il sorpasso non è lontano. Le fonti elettriche rinnovabili — come il sole del fotovoltaico, il vento dell’eolico e l’acqua dell’idroelettrico — sono a un passo dal raggiungere e scavalcare la produzioni delle centrali “fossili”, cioè quelle alimentare con carbone, petrolio e soprattutto metano. E già in diversi momenti beneficati da sole pieno e vento teso le centrali termoelettriche sono rimaste spente per qualche ora. Per esempio, il giorno di Ferragosto: 35% termoelettrico e il 55% di rinnovabile (il 10% altre fonti).
Un dato riassuntivo: secondo la più recente analisi di Terna, la Spa pubblica dell’alta tensione, in giugno la produzione netta delle centrali italiane è stata pari a 24,7 miliardi di chilowattora, di cui il 48% da fonti pulite (11,75 miliardi) e il restante 52% da fonte termoelettrica.
Pochi investimenti
Qualche dettaglio aggiuntivo. L’anno scorso gli investimenti italiani nel campo dell’elettricità rinnovabile sono scesi dopo 12 anni di crescita, protesta la Legambiente nel rapporto Comuni Rinnovabili. Secondo l’analisi Irex degli economisti dell’Althesys, l’anno scorso gli investimenti sono scesi del 16%, ma il decreto sugli incentivi firmato a metà luglio potrebbe ridare slancio al settore. In particolare, il rapporto Irex di Althesys nel 2018 ha censite 178 operazioni di investimento (erano 201 nel 2017) pari a 10.800 megawatt di potenza e un valore di circa 11,3 miliardi di euro.
Debolezze e riserve strategiche
I dati di giugno mostrano anche un rischio. Questa evoluzione del sistema elettrico verso le fonti rinnovabili nasconde anche lati oscuri, come la debolezza data dall’incostanza del meteo.
Per esempio Terna ha rilevato che in giugno a fianco dell’aumento della produzione fotovoltaica (+5,3%) c’è stata una caduta improvvisa della produzione eolica (-30%). Il vento s’è fermato e le braccia bianche delle eliche hanno annaspato nel vuoto.
Se basta una giornata di brezza sostenuta e di sole smagliante per aiutare la produzione rinnovabile, così viceversa in un giorno invernale grigio e freddo a cielo coperto e con bonaccia di vento, mentre i consumi di chilowattora correranno, per evitare di lasciare l’Italia al buio bisognerà avviare le centrali termoelettriche di “riserva calda”, cioè quelle che per partire basta girare la chiave. È questo l’allarme che ha costretto a studiare strumenti come il “capacity market”, cioè pagare quasi come se funzionassero le centrali termoelettriche tenute spente come riserva. Il margine di riserva nei primi mesi dell’anno — osserva l’Enea nella più recente Analisi trimestrale del sistema energetico — era assai risicato. Per esempio il pomeriggio del 24 gennaio con un limatissimo 6% di margine l’Alta Italia ha rischiato l’emergenza.
Il sorpasso di Ferragosto
Le prime approssimazioni di Terna hanno vedere che i sorpassi delle rinnovabili sono più frequenti quando il fotovoltaico ha pieno sole e quando, a fabbriche spente, i consumi sono meno forti. Secondo i dati provvisori basati su misurazioni e stime soggette a continui aggiornamenti, è accaduto il 2 giugno, il 7 luglio oppure a Ferragosto: alle ore 13 con una produzione di 28,7 milioni di chilowattora il contributo termoelettrico era di 9,81 milioni di chilowattora, il 35%; quello rinnovabile oltre i 15 milioni di chilowattora.
Il clima cambia
Le diverse analisi rilevano dati che potrebbero confermare segnali di riscaldamento del clima. Per esempio Terna ha individuato in questo giugno torrido un aumento dei consumi del 2,9% a causa anche di una temperatura media mensile superiore di 1,2 gradi.
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